Il traguardo della trasparenza
Ispirato dall’articolo «A Berna si parla poco italiano… e a Coira ancora meno» pubblicato da Luigi Menghini la scorsa settimana, pensando all’imminente voto del Gran Consiglio sull’incarico Censi (pur nella versione che Menghini, giustamente, ha definito «annacquata») la memoria mi ha riportato a un articolo da me scritto nell’agosto 2024 ma mai pubblicato.
Il motivo della mancata pubblicazione – ho l’onestà intellettuale per ammetterlo – non era di tipo contenutistico (e ci mancherebbe!) ma di natura, per così dire, diplomatica o procedurale. Qualcosa – mi fu comunicato «dall’alto» – si stava già muovendo nella direzione di una maggiore trasparenza sul tema del plurilinguismo da parte dell’Amministrazione cantonale e presto se ne sarebbe saputo di più.
Ormai è passato più di un anno e si può pacificamente costatare che, invece, non è cambiato nulla. Nella sua risposta all’incarico Censi, il Governo chiarisce infatti di non avere alcuna intenzione di cambiare una virgola: il Parlamento e la popolazione continueranno ad essere informati solo tramite comunicati stampa o su richiesta durante una sessione parlamentare. La volontà da parte del Governo di impostare la promozione del plurilinguismo nell’Amministrazione cantonale su basi scientifiche – e non propagandistiche – è dunque ancor oggi, ahinoi, pari a zero.
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Qualche settimana fa, durante un dibattito pubblico presso la Biblioteca cantonale di Coira, la Delegata federale al plurilinguismo Nicoletta Mariolini ha affermato che gli ultimi dieci anni – all’incirca dal momento della sua entrata in carica – sono perlomeno serviti all’Amministrazione federale, con i suoi circa 38’000 dipendenti, al raggiungimento del «traguardo della trasparenza». In poche parole, svelando il non detto: il percorso di rafforzamento del plurilinguismo nell’Amministrazione federale è ancora lungo, bisogna continuare a tenere gli occhi aperti per evitare il rischio di fare passi indietro, ma almeno ora conosciamo – per così dire – il terreno sul quale ci muoviamo, schizzato con un più o meno elevato grado di dettaglio nel rapporto che la Delegata è tenuta a pubblicare ogni quattro anni e nei periodici aggiornamenti rivolti all’attenzione del Consiglio federale.
Nel Cantone dei Grigioni, il «traguardo della trasparenza» appare invece ancora lontano. Accedendo alla pagina web del Servizio specializzato per la promozione per il plurilinguismo, ci si potrà subito accorgere che la tabella che dovrebbe presentare lo stato di attuazione del catalogo di 80 misure adottato dal Governo nel febbraio 2021 si limita a indicare con qualche simbolo se la misura è stata «completata» (lucchetto), «iniziata» (ingranaggio) oppure persino giudicata «non realizzabile» (croce), con l’aggiunta di un lapidario e spesso insondabile commento. In che modo, con quali risultati, con quale impegno finanziario (se necessario), qualcosa sia stato fatto o sia in procinto di essere fatto non è quindi dato a sapere fuori dall’Amministrazione. Per avere una risposta almeno parziale a tutte le questioni il Parlamento dovrebbe presentare ben più di 80 interpellanze.
Per toccare uno degli aspetti più importanti, ossia la rappresentanza delle comunità linguistiche all’interno dell’Amministrazione, a livello di singoli uffici e con particolare attenzione ai quadri dirigenti, gli ultimi – pur sommari – dati accessibili al pubblico risalgono a dieci anni fa (ottenuti peraltro solo grazie ad atti parlamentari presentati dai granconsiglieri Paolo Papa e Cristiano Pedrini). Nessun dato attuale esiste o è accessibile sul livello delle conoscenze linguistiche del personale, sulla provenienza delle candidature e su molte altre informazioni indispensabili per poter monitorare la situazione con cognizione di causa e agire di conseguenza per colmare le lacune.
Qualche anno fa, rispondendo a un atto parlamentare depositato da Tobias Rettich e da altri suoi colleghi in Gran Consiglio, il Governo aveva affermato di non poter accettare il rimprovero di non avere dato prova di responsabilità direttiva e di essere stato poco attivo nel campo della politica linguistica, srotolando un assai eterogeneo elenco di obiettivi raggiunti (aggiungo oggi: con l’evidente obiettivo – pienamente raggiunto – di distogliere l’attenzione, facendo archiviare una mozione che era pienamente fondata).
Pur desiderando riconoscere che vi sono stati negli ultimi anni concreti miglioramenti in questo settore, è ad oggi ancora quasi impossibile per chi guarda dall’esterno (organizzazioni linguistiche comprese) tracciare una panoramica complessiva e strutturata in cui i dettagli abbiano contorni chiaramente definiti e – per quanto possibile – misurabili. Se il Governo non accetta il rimprovero di fare troppo poco, allora dovrebbe senz’altro essere anche nel suo interesse conquistare quanto prima il «traguardo della trasparenza».
Paolo G. Fontana