La famiglia Salvini, proprietaria da generazioni del torchio, in collaborazione con il Museo Moesano che lo scorso 27 aprile 2025 lo ha inserito tra le antenne del suo Museo diffuso, ha aperto questo grande scrigno prezioso domenica 12 ottobre 2025 durante la giornata appositamente organizzata con una dimostrazione pratica dal vivo, mostrando il funzionamento dell’impianto, molto interessante sia dal punto di vista tecnico che storico-etnografico.
Il torchio, costituito quasi interamente in legno massiccio è la testimonianza di costruzioni di notevoli dimensioni che con il passare del tempo e con le nuove tecnologie per lo più sono state abbandonate a se stesse, sono cadute in rovina o addirittura scomparse. Basti pensare che a Roveredo esistevano ben cinque torchi, in Carasòo, a Sant’Antoni, in Tovéda, a Pràu e in San Giuli.
Quello di Valdort, probabilmente risalente attorno alla seconda metà del XVI secolo, grazie all’attenta opera di restauro realizzata dalla famiglia Salvini dal 1997, dopo che uno smottamento nel 1981 aveva arrecato seri danni compromettendo l’esercizio ancora in atto fino a quel momento, bel restauro che ha ridato al torchio il vecchio splendore e ora, opportunamente sistemato, può nuovamente funzionare ed essere ammirato come grande e ingegnosa macchina del passato. Il torchio nei secoli scorsi era infatti usato a turno dai viticoltori locali, quando ogni contadino lavorava la sua piccola vigna, vendemmiava in proprio, vinificava nella propria cantina casalinga e poi portava le vinacce al torchio. Tempi in cui la produzione del vino era un momento comunitario, manuale e familiare.
In considerazione della mole dell’impianto, specialmente dell’enorme tronco formante la piastra mobile ma anche della zona fissa di spremitura e della grossa pietra fissata all’estremità inferiore della grossa leva in legno leggermente infossata nel pavimento tra una guida di sassi posti in forma circolare, è pensabile che il torchio sia stato installato prima della costruzione definitiva dell’ampio locale ad esso adibito.
Come si è potuto ammirare durante l’interessante dimostrazione pratica dal vivo fatta dalla famiglia Salvini, il vecchio torchio funziona esercitando una forte pressione tra una piastra mobile formata da un enorme tronco di castagno e una fissa, pressione ottenuta ruotando la grossa leva in legno che abbassa progressivamente la piastra mobile sul piano di spremitura. La rotazione avviene grazie alla forza umana che spinge la leva tramite una lunga stanga inserita nella parte bassa della grande leva intagliata in un tronco, spinta per far girare l'asse e abbassare la piastra superiore. Per aumentare la pressione, il "castello" di carico viene aumentato inserendo strategicamente dei travetti di legno (i "saltelli") tra i montanti e la piastra mobile.
La presenza di un frantoio per noci nello stesso locale indica che il torchio nei secoli scorsi veniva utilizzato anche per la schiacciatura e la spremitura delle noci dalle quali si ricavava l’olio che serviva per uso domestico e nella seconda spremitura per alimentare le lampade.
Il torchio serviva però principalmente per la torchiatura le vinacce che venivano poi distillate lentamente e delicatamente, per mezzo di vecchi tradizionali alambicchi, a Valdort li si può ammirare poco lontano dall’edificio che ospita il vecchio torchio.