La Valmoesa, stabilimento siderurgico dal 1957 al 1987 a San Vittore

Valmoesa San Vittore - Monteforno Bodio. Il sogno industriale infranto di due valli periferiche. Incontro, con Sara Rossi Guidicelli, autrice del libro Quaderno della Monteforno e con lo storico Marco Marcacci ed Elvino Tamò, ex dipendente della Valmoesa
02.02.2025
8 min
Un gruppo di relatori partecipa a un evento pubblico in una sala riunioni. Sullo sfondo è proiettata una presentazione, mentre il pubblico ascolta attentamente.
I relatori della serata: da sin. Elvino Tamò, Marco Marcacci, Flavia Plozza-Martinelli e Sara Rossi Giudicelli.

Sabato 1° febbraio a Soazza, organizzata dalla Biblioteca regionale moesana e dal Centro culturale di Circolo, si è tenuta, davanti a un folto pubblico, una serata di ricordi intitolata Valmoesa San Vittore - Monteforno Bodio. Il sogno industriale infranto di due valli periferiche. L’incontro, con Sara Rossi Guidicelli, autrice del libro Quaderno della Monteforno. Un racconto di fabbrica e con lo storico Marco Marcacci ed Elvino Tamò, ex dipendente della Valmoesa, che ha ben spiegato tramite un’immagine del 1969 i vari reparti dello stabilimento, i materiali usati e le svariate procedure di lavorazione, è stato moderato da Flavia Plozza-Martinelli.

Quaderno della Monteforno. Un racconto di fabbrica

Durante la serata Sara Rossi Guidicelli ha presentato alcuni spunti dal suo libro pubblicato nel 2024, ha anticipato che ne ha in serbo anche una pièce teatrale, che raccoglie significativi racconti legati alla Monteforno, la storica fonderia fondata nel 1946 su iniziativa dell'avvocato Aldo Alliata Nobili e dell'ingegnere Luigi Giussani con capitali italiani provenienti dall'azienda metallurgica Cobianchi di Omegna (Piemonte). 

Nel 1977 l’acciaieria è stata strategicamente rilevata dalla diretta concorrente, la Von Roll di Gerlafingen. Da allora si assistette a una diminuzione progressiva del numero di dipendenti. In seguito alle crescenti perdite nel settore siderurgico la Von Roll decise nel 1994 la chiusura degli stabilimenti. Ciò ebbe pesanti ripercussioni per l'occupazione e l'intera economia delle Tre Valli. Il libro di Guidicelli è un  racconto che dà voce alle esperienze, ai ricordi e alle emozioni di chi ha vissuto la realtà della fabbrica, un luogo simbolico per l'economia e la società della regione. Il libro è una raccolta di testimonianze e riflessioni, un intreccio di storie personali, un’analisi del contesto storico e sociale, esplorando le vite dei lavoratori della Monteforno e mettendo in luce le sfide e le condizioni del lavoro in fabbrica, le relazioni tra operai e dirigenti, l'importanza della fabbrica come fulcro della vita comunitaria e l'impatto della chiusura della Monteforno sul territorio e sulle famiglie. Quaderno della Monteforno oltre che un racconto di fabbrica è anche una riflessione sulla trasformazione del mondo industriale e sulle sue conseguenze per le comunità locali.

Vista aerea di un impianto industriale situato tra montagne. Alcuni edifici sono visibili, con fumi che fuoriescono da una delle strutture. Il terreno circostante è verde e ci sono alcune case sparse.
La Valmoesa, rilevata nel 1968 dalla Monteforno; Swissair Photo AG 26.09.1969, immagine recuperata dalla Libreria del Politecnico ETH Zurigo.
© Eth-Bibliothek Zürich, Bildarchiv/Stiftung Luftbild Schweiz / Fotograf: Swissair Photo Ag / Lbs_In-051085-04 / Cc By-Sa 4.0 / Eth-Bibliothek Zürich, Bildarchi

La Valmoesa: per diversi anni il polo industriale della regione e poi il progressivo declino dell’industria siderurgica

Della Valmoesa, come è stato sottolineato da Marco Marcacci e da alcuni ex dipendenti presenti a Soazza con dei loro interessanti commenti durante la serata, si ricorda che è stata un importante impianto siderurgico sull’area industriale di San Vittore, di gran lunga la più vasta della Mesolcina. La Valmoesa ha iniziato l'attività produttiva specializzandosi nella produzione di silicio ferroso nel mese di agosto del 1957. La scelta di San Vittore fu fatta praticamente dagli stessi fondatori della Monteforno di Bodio grazie ai terreni fino allora agricoli e disponibili a prezzi favorevoli. Altro punto chiave nella scelta è stata la possibilità di ottenere la captazione delle acque delle valli sulla sponda sinistra della Moesa tramite un accordo con i comuni di Soazza, Lostallo, Cama, Verdabbio, Leggia, Grono e Roveredo concessionari delle acque a disposizione delle centrali di Lostallo e Grono della Elettricità industriale SA (Elin). Gli altiforni, essendo impianti industriali di notevoli dimensioni caricati con minerale ferroso e carbone coke insieme ad altri materiali, una volta avviati operavano ininterrottamente ad alte temperature e avevano bisogno di una grande quantità di energia.

Un edificio moderno con molte finestre colorate si trova su un terreno erboso, circondato da alberi. Una strada sinuosa conduce all'ingresso.
Centale ELIN di Lostallo, bell’esempio di edificio industriale anche di valore architettonico. Costruzione a pianta rettangolare con facciata scandita dall’alternarsi di pilastri in rosso e vetrate con tetto piano aggettante. Costruita dall’ingegner Giovanni Lombardi, su un progetto dell’architetto, pittore e designer Carlo Basilico.
© © foto Lino Succetti

La scelta a San Vittore è stata pure la vicinanza dell’importante collegamento nord-sud della Alpi tramite l’asse ferroviario del San Gottardo e la possibilità di collegare i trasporti su rotaia per pochi chilometri tra San Vittore e Castione tramite la Ferrovia Bellinzona- Mesocco con dei carrelli a scartamento ridotto per il trasporto dei vagoni a scartamento normale con le grandi quantità di materie prime per il funzionamento degli impianti e per le spedizioni dei prodotti finiti.

Nel 1968 integrata nella Monteforno e nel 1977 l’inizio del lento declino nella Von Roll di Gerlafingen e la chiusura nel 1997

Nel 1968 è entrata a far parte della Monteforno, nel 1977 rilevata dalla Von Roll di Gerlafingen. Nel 1987, a causa delle crescenti perdite nell’industria siderurgica, la Von Roll decise la chiusura dello stabilimento optando per sue altre attività produttive,  dovendo però tener conto degli accordi di risarcimento per il calo dei posti di lavoro e del consumo di energia  con i comuni concessionari dei diritti elettrici.

Sbirciando la stampa regionale degli anni ’60 – ’90 si deduce che la Valmoesa, dal 1968 nota anche a San Vittore come Monteforno, nei suoi trent’anni di attività siderurgica ha conosciuto momenti di alterna fortuna nella produzione, raggiungendo l'impiego fino a 300 persone, negli anni scesi a un centinaio e a un’ottantina al momento della chiusura avvenuta il 30 novembre 1987, dopo essere stata confrontata con le sempre più crescenti difficoltà di mercato.

L'impianto siderurgico della Valmoesa ha rappresentato per anni una componente significativa dell'economia locale, offrendo occupazione a numerosi residenti della regione e pure a diversi operai provenienti dall’Italia. Tuttavia specialmente il problema del fumo emesso dagli altiforni e le condizioni di lavoro assai impegnative degli operai addetti agli stessi, hanno spesso sollevato preoccupazioni e controversie, malgrado gli accorgimenti messi in atto durante gli anni per alleviare in parte i vari problemi. Ne è un esempio quanto si può leggere nel 1967, redatto dal membro del Piccolo Consiglio (oggi Governo) cantonale grigioni e futuro consigliere federale Leon Schlumpf in un istoriato di quanto il dipartimento da lui diretto aveva intrapreso nei confronti della Valmoesa nei primi dieci anni di attività e in risposta alle critiche sollevate da più parti. Schlumpf nel rapporto sottolineava che “La Valmoesa aveva speso oltre quattro milioni di franchi per la soluzione del problema derivato dal fumo emesso. Tale importo rappresentava i due terzi del capitale sociale dell'industria di San Vittore. L'importanza economica del complesso industriale di San Vittore, con il consumo di 2,7 milioni di energia elettrica e i relativi diritti ai comuni concessionari Elin, con gli oltre 3 milioni di salari corrisposti alla mano d'opera, con oltre un milione di trasporti pagati alla Ferrovia Retica, con il forte consumo di legna (200’000 quintali l'anno) era da considerare di importanza vitale per la Mesolcina, una valle che stava progressivamente orientandosi e sviluppandosi verso l'industria”.

Alla chiusura molte le preoccupazioni per l’economia locale e per i lavoratori e poi un rilancio, almeno parziale, della zona industriale, anche grazie agli accordi con i comuni concessionari dei diritti d’acqua Elin

Purtroppo dagli inizi degli anni ’80 il declino dell’industria pesante portò sempre più verso l’inevitabile  chiusura della Valmoesa, con comprensibili preoccupazioni per l’economia locale e per gli impiegati e gli operai dello stabilimento. Bisogna però anche ricordare che i comuni concessionari della Elin alla fine dell’accordo di chiusura dello stabilimento, venendo meno l’obbligo del consumo di almeno un terzo dell’energia prodotta dalla Elin per lo stabilimento di San Vittore, hanno ricevuto il 10% del capitale Elin a titolo gratuito e il rimanente 5% lo hanno acquistato al prezzo nominale delle azioni per l'importo di 750 mila franchi. I comuni concessionari Elin  hanno pure ottenuto circa il 10% dell’energia prodotta e l’acquisizione a prezzo di favore (25 fr./m2) di 40 mila m2 di terreno nella zona industriale dell’Ex Valmoesa, terreni che in gran parte hanno rivenduto. Ci sono così stati vari  progetti di rilancio, almeno in parte riusciti, a parte alcuni vasti capannoni, alcuni anche costruiti anni dopo la chiusura della Valmoesa nell’area industriale nel frattempo ampliata, rimasti a lungo vuoti o adibiti solo a depositi occupati da nuove aziende con scarso o nullo valore aggiunto. La zona industriale attuale, approvata dal Governo cantonale nel 1994, attualmente in gran parte con occupazione frontaliera, con i suoi  185 mila metri quadri è da ritenersi la più vasta e importante di tutta la regione. È però rimasta stranamente priva di un allacciamento diretto al semisvincolo autostradale di San Vittore. Un’area industriale che nel 2017, con un progetto sostenuto dal Governo dei Grigioni e dalla Regione si voleva addirittura raddoppiare, occupando gli adiacenti terreni dell’ex aerodromo militare. La proposta di raddoppio dell’area industriale venne però affossata a larghissima maggioranza dall’Assemblea comunale (116 voti contro 22).

Nella nuova esposizione pubblica con l’adeguamento del Piano Direttore cantonale di pianificazione per la Regione Moesa, appena pubblicato e messo in consultazione fino al prossimo 28 febbraio, l’ex aerodromo viene comunque nuovamente ritenuto un territorio suburbano di importanza strategica e riproposto dal Cantone quale informazione preliminare e “analisi del fabbisogno a scala sovraregionale con il Canton Ticino e concetto di ampliamento, edificazione, urbanizzazione e strutturazione a tappe per aziende con alto valore aggiunto attive sul mercato nazionale /internazionale con grande densità di posti di lavoro”, il tutto con la ciliegina relativa alla creazione dell’allacciamento al semisvincolo autostradale.

L’attuale zona industriale di San Vittore di 185’000 m². Circa la metà sulla sinistra era l’area occupata dalla Valmoesa, l’importante impianto siderurgico ubicato in un’area possibilmente alquanto isolata dall’abitato, specialmente per i fumi emanati dagli altiforni.