Se viene difeso il giornalismo si protegge la libertà d’opinione

Già lo sappiamo. I nostri tradizionali organi di informazione subiscono gli effetti negativi dei nuovi poteri mediatici. Sappiamo che la digitalizzazione e tutti i suoi richiami all’Intelligenza artificiale (IA) stanno cambiando e purtroppo indebolendo in modo dirompente i parametri stessi dell’informazione e le condizioni di lavoro nel settore giornalistico.

Grazie soprattutto a ChatGPT si sviluppano nuove forme di controllo e di produzione (a prezzi bassissimi) dell’informazione e dell’onnipresente pubblicità. Risultato sconfortante: tante testate hanno già chiuso, molte redazioni riducono i loro effettivi. Questo non significa che gli utenti non abbiano più nulla da leggere. Al contrario, ne hanno sempre di più, perché i nuovi padroni, a partire dai social network per finire a tante nuove e poco identificabili agenzie di informazione (e disinformazione) producono senza sosta, avvalendosi proprio delle prestazioni illimitate dell’IA e con essa di ChatGPT, in grado di generare testi, illustrazioni, video di ogni genere, in un batter d’occhio.

Chiaramente l’evoluzione che viviamo comporta grossi rischi. L’utente continua tuttavia a consumare informazione, senza farsi troppe domande sulle fonti, sulla veridicità, in poche parole sulla qualità stessa delle informazioni e, appunto, delle loro fonti.

La garanzia delle fonti è una delle grandi sfide del giornalismo. Di solito non pone difficoltà la verifica delle fonti primarie o secondarie, proprio perché la rispettiva origine è definibile e tracciabile. Il vero problema è la gestione dell’immensa quantità di informazioni generate attraverso le nostre interazioni nel mondo digitale. Davanti a Internet chiediamo e riceviamo. Ogni dato fornito rimane nel sistema, fa parte dell’eredità digitale e quindi dell’insieme di informazioni (calderone sempre più grande), alle quali attingono gli algoritmi, che a loro volta generano qualsiasi tipo di testi e altre forme espressive.

ChatGPT risponde alle domande, in tempi brevissimi e a costi irrisori. Non solo si “esprime” in modo pulito (linguisticamente), ma è pure in grado di assecondare le attese dell’utente e di fornirgli infine la versione desiderata. Qui il passo tra la realtà, la verità parziale e la distorsione è breve. Sono notevoli i rischi di essere esposti a tanti stereotipi, a false credenze, a disinformazioni, a pregiudizi, a discriminazioni, a pseudo-news che vengono poi abbinate alla pubblicità (lauti guadagni).

La nuova scena mediatica, al di là di opportunità incoraggianti e tutte da scoprire, implica purtroppo anche uno scadimento del lavoro umano. L’utente, in questo nuovo contesto mediatico, non si trova praticamente nella condizione di poter verificare la validità di quanto ha letto. A mio avviso, questo stato di cose va controllato con determinazione e soprattutto con la professionalità e con i principi deontologici del giornalismo. Perché? Perché i professionisti delle redazioni sono in grado di mettere in atto i meccanismi per la verifica delle informazioni e di garantire al lettore un prodotto affidabile. Il timbro della qualità del prodotto giornalistico lo può fornire solo lo sforzo umano.

Livio Zanolari

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