“Perché da madre chiedo l’abolizione della festa della mamma” (e non solo)

di Emmanuelle Rossini Drecq

Oggi, giorno nel quale elaboro questo scritto, è il giorno detto della “festa della mamma”. Se ho accettato di subirla come madre per anni, è stato perché i miei figli e mia figlia a scuola preparavano il famoso dono per quel giorno, mettendoci dentro amore e tempo. Come rifiutare di festeggiare con loro mentre si erano impegnati cosi tanto? Non ne ho avuto la forza, finché non avessero raggiunto l’età di poter capire il mio pensiero in merito a tale festività. Ed ecco perché, oggi, mentre i miei figli e mia figlia diventati grandi dormono, posso tentare di condividerlo tramite questo articolo anche con altre persone. Provo a spiegare anche in questo modo a coloro che incontro sulla mia strada e a chi rispondo, quando mi fanno gli auguri, “il migliore regalo da farmi è di non parlarmene, poiché aderire ad una festa capitalista e patriarcale è l’ultima cosa di cui necessita il mio cuore di mamma.”

Quindi, oggi, vorrei solo tentare di condividere i pensieri (tre dei più forti) che da quando sono madre mi vengono in mente in quel famoso giorno.

Con il primo pensiero, una soluzione l’ho trovata. Questo pensiero è legato all’aspetto capitalista di queste feste. Quanti discorsi pubblicitari, quanti fronzoli, quanti inviti al consumismo in un mondo dove tutto ci chiama al ragionamento sulle nostre relazioni con gli oggetti e la loro utilità nonché la loro sostenibilità. Ma questo primo pensiero me lo sono giocato bene come si usa dire; ho spiegato ai miei figli e a mia figlia che il dono più bello è quello che viene da loro stessi, quello che nasce dalla loro voglia di condividere con me un momento speciale; e non è per forza in un giorno preciso poiché il dono d’amore non ha un tempo ed uno spazio predefinito. E se il mio pensiero è stato in parte recepito da loro, oggi sarà un giorno come gli altri, dove decideranno in piena consapevolezza cosa fare e con chi stare senza sentirsi oppressi dal peso del dovere. Ma ci sono invece due altri pensieri per cui faccio più fatica a trovare una soluzione poiché escono dalla mia piccola condizione di mamma e riguardano invece la maternità in generale. Sono pensieri che necessitano non più di una risposta individuale bensi collettiva. Sono loro che mi portano oggi a chiedere l’abolizione della festa della mamma. 

Partiamo dall’inizio. Personalmente ho sempre trovato assurdo il festeggiare un determinato giorno un ruolo che, invece, è perenne. Essere madre è 24 ore su 24, 7 giorni su 7 da quando si porta l’infante in grembo finché non ci sarà più. Indipendentemente da quello che la vita riserva alla coppia madre-figlia(o), poiché il solo fatto di partorire ti rende a tutti gli effetti biologicamente una madre. Poi attorno a questo fatto fisico, si costruirà con più o meno fatiche anche il diventare madre da un punto di vista relazionale. Ma rimaniamo sull’aspetto biologico, nessuno ignora che alcune donne desiderano procreare e questo desiderio non è concesso loro per motivi prettamente biologici. E chi li festeggia queste donne? Chi, in tutta coscienza, sta vicino a loro in questo giorno? Chi sta al fianco della donna che non potrà mai essere festeggiata? 

Nello stesso modo, un altro pensiero molto vivace ed insopportabile, che da sempre mi assale in quel giorno, è orientato a chi la mamma non ce l’ha, e al disaggio che i bambini e le bambine senza madri hanno vissuto durante tutto il tempo della preparazione scolastica del dono. O a chi della mamma non ne vuole sentir parlare. O alle madri i cui figli e figlie sono morti o spariti dalla loro vita. Stavo, e sto tutt’oggi dentro di me, estremamente male pensando a loro. All’epoca in cui non avevo la forza di oppormi alla festa della mamma, mi sentivo di festeggiare in un giorno creato solo per una parte delle madri e una parte dei figli e delle figlie; cercando di dimenticare questa parte della popolazione il cui dolore aumenta proprio in quel giorno. 

Quindi si, per questi pensieri, io promuovo l’abolizione della festa della mamma, cosi come quella del padre, della nonna… di tutte quelle feste che hanno perso (se mai l’hanno avuto) il senso profondo ed umano che dicono portare con sé. Perché vi chiedo, in tutta onestà, cosa ci sia di umano nel creare di proposito un giorno in cui mettiamo una parte della popolazione in sofferenza, in emarginazione o a disagio? Quale sarebbe la ragione sufficientemente sostenibile per difendere questa presa di posizione? Il fatto che tale popolazione è numericamente inferiore? Io credo che l’umanità passa attraverso la cura di tutte le persone, con un’ attenzione particolare a coloro che appartengono ad una minoranza. Agli scettici, ricordo solo che questo è un punto che ci accomuna gli uni con gli altri; prima o poi apparterremo tutti ad una minoranza di qualche cosa. Quindi, io personalmente continuerò a boicottarle quelle feste ad alta voce proprio perché rappresentano tutto quello che secondo me non è più sostenibile. Perché guardiamoci in faccia ed ammettiamolo: queste feste mercantili sono basate semplicemente sul denaro. E io credo che il denaro senza il suo valore umano (ossia la consapevolezza delle persone, e delle loro condizioni di vita, che stanno dietro ad ogni acquisto, ad ogni oggetto) è malsano e perverso poiché permette di raggiungere obiettivi a corto termine di illusorio benessere, annientando invece il prezzo indispensabile da pagare per costruire qualsiasi felicità durevole; ossia il tempo del ragionamento, dell’incontro e/o della narrazione.” 

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