Biodiversità: Un vero voto politico che deve rimanere apartitico

di Emmanuelle Rossini Drecq

Tra poco, saremo chiamati a votare sulla biodiversità. Vediamo manifesti, leggiamo articoli, riceviamo notizie sui social, ascoltiamo trasmissioni sull’argomento. Attraverso questi canali, persone cercano di spingerci verso un “sì” o verso un “no”, ciascuno dichiarando che una o l’altra sia la scelta migliore.  E’ molto probabile però che oggi non siamo in grado di sapere quale sia la scelta migliore. Questo perché bisognerebbe definire il termine “migliore”.  Ossia “migliore” per chi? Per che cosa? Da quale prospettiva?

Il fulcro è che non si tratta di votare per il bene di alcuni, ma di cercare dentro di sé il mondo che vogliamo abitare. Perché votare sulla biodiversità ci porta proprio lì, nel cuore di noi stessi. Ci porta sul confine tra il mondo che abbiamo costruito e il mondo nel quale vorremmo vivere. Le persone che troveranno una corrispondenza tra i due mondi, probabilmente, voteranno “no” all’iniziativa. Per tutti e tutte coloro che, invece, sentiranno una spaccatura tra questi due mondi… una spaccatura netta e senza equivoci… a loro toccherà il coraggio di votare “si”. Coraggio perché votando “si”, votiamo il cambiamento. E votare il cambiamento, vuol dire votare fatica, ed è quello che probabilmente fa più paura.

Fa paura perché vuol dire re-inventarsi e re-inventare qualcosa che, per definizione, ora non c’è. Per quello, il voto del 22 settembre è un voto profondamente intimo. È un voto per il quale ognuno di noi deve porsi una domanda esistenziale: “Vale la pena faticare per un mondo diverso rispetto a quello attuale, senza sapere in anticipo cosa potrà diventare?”.  Beh, io credo di sì. Io credo di sì perché credo soprattutto che sia l’unica alternativa che ci dia una prospettiva. E preferisco una prospettiva, anche se incerta, alla sicurezza del nulla. Il mondo odierno, a me, non piace. È un mondo fatto di speranze fasulle, di relazioni superficiali; di prepotenza e di troppe disuguaglianze. È un mondo dove chi sta bene ottiene, di diritto, la possibilità di essere ascoltato, mentre gli altri devono solo stare male in silenzio. Anche se questa parte della popolazione, ammutolita, è la fetta più grande della nostra umanità. Non sto parlando di chi vive in altri paesi, ma mi riferisco a noi… noi che abitiamo sulle terre elvetiche. Penso ai tanti giovani che verso un futuro non riescono più a proiettarsi. Alcuni potrebbero pensare che mi allontani dal tema. Eppure, no! Tutto questo c’entra con la biodiversità; eccome, che c’entra! Proprio perché la biodiversità c’entra con “come stiamo al mondo”; c’entra con “come ci comportiamo di fronte ad ogni esseri vivente, ad ogni ambiente che ci circonda”. Non si tratta solo di Natura. Si tratta di qualcosa di più profondo, ed è probabilmente per questo che abbiamo così paura di porci questa domanda. Perché osare farsi questa domanda, implica il coraggio di fare qualcosa che da anni, non siamo più abituati a fare: pensare per discernere.  

Se al posto di porci la domanda, guardiamo alla nostra piccola realtà, o alla realtà del vicino, o alla realtà di una parte della popolazione, allora troveremo sempre gli argomenti che andranno a sostenere chi il “sì” e chi il “no”. Nessuno di questi argomenti, sarà infallibile. Ognuno potrà essere smontato da un contro-argomento. Ecco, il motivo per il quale questo voto, pur essendo profondamente politico, deve rimanere apartitico.  Non si tratta di un voto di massa che segue una corrente; si tratta di un voto individuale, dove ognuno guarda dentro sé stesso e si chiede su quale pianeta vuole abitare, prendendo consapevolmente la decisione di contribuire alla sua realizzazione.  Poiché indipendentemente dai risultati finali, ciascuno e ciascuna di noi dovrà proseguire nella propria scelta. Io, allora, voterò “sì” con la paura di quello che implicherà come cambiamenti personali, collettivi, regionali, nazionali e mondiali; ma voto di “sì” perché sono convinta, guardando semplicemente intorno a me, che il cambiamento è necessario, per non dire vitale. Voterò di “sì” consapevole che alcuni dovranno rischiare più di altri. Voterò di “sì” ricordando un’amica che mi disse, quando presi professionalmente una decisione che mi portò più vicina al mondo nel quale credo, riducendo di molto le mie entrate finanziarie: “tu prendi un rischio, ma non ti stai mettendo in pericolo.”. Queste parole mi sono servite da paracadute nel lancio che ho fatto. Il vuoto non fece più così paura, malgrado non sapessi (e non lo so tutt’ora) dove il vento mi avrebbe fatto atterrare.

Oggi, siamo chiamati a decidere o meno, di essere attori di cambiamento. Oggi, possiamo essere dei veri attori politici, ossia delle persone che ragionano e costruiscono le loro azioni e l’organizzazione di una comunità in funzione del benessere di tutti, con un’attenzione particolar al più vulnerabile! Con l’iniziativa sulla biodiversità, possiamo sperimentare cosa significhi prendere voce per fare politica vera; perché fare politica passa attraverso questi famosi piccoli gesti che a volte vengono disprezzati attraverso la retorica: “I piccoli gesti non possono cambiare il mondo, solo la “politica” (intesa come i partiti) lo può fare”.  In parte potrebbe anche essere vero, ma non possiamo delegare il mondo ad alcuni eletti. Il potere lo crea il popolo ed il popolo siamo noi, cittadini e cittadine. Laddove una decisione, come un “sì” alla biodiversità, comporterà dei cambiamenti, chi sarà toccato maggiormente, dovrà essere sostenuto dal consumatore e dalla consumatrice, e siamo tutti consumatori e consumatrici. Se consumiamo diversamente, le forze economiche in gioco, i poteri, cambieranno la rotta per poter avere un rendiconto economico positivo. È logico. Quindi, noi abbiamo il potere, noi cittadini. Noi, possiamo essere il cambiamento con il nostro desiderio collettivo di un mondo diverso.

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