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Storie e leggende
lunedì 24 agosto 2015.
Alla ricerca di ricercatori
di Giorgio Tognola

Nel 1979 presso le edizioni Francke di Berna usciva la seconda edizione del “Rätisches Namenbuch”, Band 1, Materialien, di Robert v. Planta e di Andrea Schorta, ricerca pubblicata per la prima volta nel 1939. Per lo studio del nostro territorio di tratta di un’opera unica, fondamentale ed indispensabile.
Nelle 592 pagine del volume citato si trovano i nomi di luogo di tutti i comuni del nostro cantone, dunque anche del Moesano. La raccolta dei toponimi iniziata negli anni Dieci del secolo scorso da Robert v. Planta fu continuata dalla primavera del 1932 da Andrea Schorta con il contributo di numerosi collaboratori e collaboratrici locali. Alla ricerca si aggiunse nel 1964 un secondo volume, dedicato all’etimologia dei toponimi, anche questa un’opera colossale di ben 1052 pagine. Il lavoro dei due studiosi a partire dagli anni Ottanta servì a tanti ricercatori quale base indispensabile, irrinunciabile per lo studio della storia dei nostri comuni. Ma questo lavoro è ben lungi dall’essere concluso. Per molti villaggi della Mesolcina e della Calanca le ricerche del Planta e dello Schorta rappresentano un capitale che deve ancora essere sfruttato.
Alcuni lavori negli ultimi vent’anni sono stati realizzati, penso al lavoro del compianto Aurelio Ciocco su Mesocco, alla ricerca di Paolo Mantovani su Soazza, alla pubblicazione su Rossa, Augio e Santa Domenica, al lavoro di Alberto Tognola su Braggio, alla localizzazione dei toponimi di Buseno da parte di Giorgia Savioni, qualche cosa si sta muovendo anche per San Vittore, per Santa Maria, per Lostallo e per Grono. Ma Cama, Leggia, Castaneda, Arvigo, Landarenca, Selma, Cauco aspettano giovani studiosi che si chinino sulla loro storia. Anche i 441 nomi di luogo di Roré, della nostra “capitale”, e non ne abbiano a male i Mesocconi, non sono ancora stati localizzati e studiati. Certo che le profonde trasformazioni del territorio, l’abbandono di ampie aree nel passato coltivate, usate quali selve, pascoli, la costruzione di case, di palazzi, di edifici commerciali e industriali rendono questo affascinante lavoro di ricerca sempre più complesso, la memoria dei luoghi si affievolisce sempre di più e poi scompare.
Tra i muri della vecchia scuderia dell’Archvio a Marca sfoglio trentacinque regesti, redatti da Cesare Santi, di altrettante pergamene di strumenti di vendita, permuta e donazioni di fondi a Roveredo e a Grono e cerco di stuzzicare la curiosità di qualche lettore e magari di far nascere la voglia a qualche giovane di chinarsi su queste carte per farle conoscere, per localizzarne i toponimi, per studiarne l’etimologia, per situarli nel tempo, per scoprire l’uso che di quel luogo se ne faceva nel passato, per sapere a chi appartenevano.
Un esempio: la pergamena del Fondo Museo Moesano (deposito) 121, scatola 166.
A Roveredo “in stupha magistri Henrici”, sabato 14 marzo 1579 il magistro Enrico fu Julijmatti del Sgiatia e il magistro Guglielmo fu Domenico del Sgiatia cambiano una pezza di campo a Roveredo “in Bello”, con una pezza di campo a Roveredo “in Caldana”, con un conguaglio di 250 lire terzole, alla presenza di sette testimoni. Il documento è rogato su pergamena dal notaio Gaspare Bironda.
Tralasciamo di indagare sui personaggi citati sulla pergamena, un lavoro di ricerca anche questo importante, non facile ma affascinante, visto che si parla, tra gli altri, di due magistri, un Giulimatti (Julijmatti) e di uno Sciascia (Sgiatia), del notaio Gaspare Bironda.
Soffermiamoci invece sui due toponimi: Caldana e Bello. Una rapida ricerca sul “Räthisches Namenbuch” e li ritroviamo, sono due nomi di luogo ancora conosciuti e localizzabili. Anche l’etimologia, in questo caso, non presenta grosse difficoltà; per Caldana lo Schorta indica l’etimologia “calidus” (caldo), interessante è l’aggiunta che fa: “così chiamato per la presenza di una sorgente più calda rispetto alle altre”.
Un altro esempio: una pergamena, pure del Fondo Museo Moesano (deposito) 121, scatola 166.
Mercoledì, 12 marzo 1603 il magistro Giovanni Domenico Ferioli permuta con il magistro Antonio Gibono mezza parte di una “resiga” con cortella, conduttura d’acqua e cortificio dove si dice “alla resiga de Gasparana” con una pezza di terra vignata dove si dice “in Campiono alla Calchera”. Anche qui ritroviamo due toponimi conosciuti e localizzabili, Campion e Calchera, citati sul “Räthisches Namenbuch. Interessante per la storia di Roveredo è sapere che a Campion c’era un luogo dove si produceva la calce (Calchera da calcaria, forno per la produzione di calce). Anche il toponimo “resiga” è ancora presente, difficile sapere dove si trovava quella di “Gasparana”.
Ecco, più o meno così si lavora. Non so se sono riuscito a risvegliare l’interesse di qualcheduno. È pur vero che un lavoro del genere doveva essere fatto qualche decina di anni fa, quando c’erano ancora i vecchi che avevano sudato su questi luoghi, le “biblioteche” del passato.
Ma non è mai troppo tardi!

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Le radici della violenza: la ricchezza senza lavoro, il piacere senza coscienza, la conoscenza senza carattere, il commercio senza etica, la scienza senza umanità, il culto senza sacrificio, la politica senza principi.

(Mahatma Gandhi)

 
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