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Viaggi & Cucina
domenica 20 marzo 2022.
DUBAI - EXPO 2020 - Viaggiare in tempi di pandemia e guerra
di Teresio Bianchessi

Un altro bel regalo, il racconto del suo viaggio, del nostro amico e collaboratore Teresio, che, anche quando va lontano, non ci dimentica e, anzi, va a cercare fatti o avvenimenti che ci riguardano da vicino come, in questo caso, il padiglione della Svizzera all’EXPO 2020 di Dubai!



Reagire!
Questo lo spirito che mi ha spinto ad accettare l’invito di mia figlia Silvia quando mi ha proposto un viaggio a Dubai in occasione dell’EXPO 2020; decisione presa mesi prima quando il Covid frenava, quando Omicron 3 non si conosceva, quando lontani erano i lampi di guerra.
Confermo che partire è anche soffrire e se lo è in tempi normali figuratevi ora; per fortuna l’onere organizzativo era sulle spalle di Gabriele, mio genero, grande, capace viaggiatore che è impazzito rincorrendo voli che Lufthansa prima confermava, poi cancellava, presumibilmente per compattare voli semivuoti, prenotando tamponi molecolari a Milano e a Dubai (per inciso costo del tampone a Milano € 80 a Dubai € 35), trasmettendo Green Pass alla compagnia aerea, prenotando visite agli stand di Expo memori delle code d’attesa di quello di Milano 2015, insomma una grande fatica e per questo gli sono grato.
Con noi anche i due nipoti, Tommaso studente universitario e Riccardo liceale, definiti dalla nonna “preziosi angeli custodi” durante tutto il viaggio.
Raccontare ora che è prossima la primavera del 2022 di EXPO 2020 apparirà incongruente a chi leggerà in futuro; sappiamo però che la pandemia ha cancellato per tutti, Olimpiadi comprese, due anni di vita.
Comunque si parte, bisogna fare levataccia anche se il volo è alle 9,30 perché a Malpensa oltre ai normali controlli ci saranno anche quelli sanitari, da lì in volo per Francoforte dove ci aspetta il 747 Lufthansa destinazione Dubai e quale modo migliore per ingannare l’attesa prima del nuovo imbarco che non quello di gustare un hot dog con wurstel e senape!



Strapieno l’aereo, lo schermo sul sedile, oltre a darci costanti informazioni sul volo, offre film, documentari per far passare le ore; dopo un po’, guardando fuori dal finestrino mi accorgo che s’è fatto improvvisamente buio, guardo l’orologio, sono da poco passate le 16, mi ricordo allora delle tre ore di fuso orario in avanti, siamo lontani dall’Europa e per un attimo l’oscurità mi rimanda al “buio” lasciato in Europa, al dramma dell’Ucraina, alla guerra, che miglia dopo miglia si allontana.
Ci si appisola, si consuma cena ed è sera inoltrata quando il volo atterra all’aeroporto di Dubai che, oltre ad essere enorme, moderno, bello, mostra una vivacità di certo invidiata dai penalizzati aeroporti europei.
I controlli sono sereni, il deflusso dei passeggeri ben organizzato con tempi di attesa segnalati sugli schermi, non superiori ai quindici minuti, riconoscimento facciale, passaporti e via verso la città.
Ci mettiamo in fila per un taxi che arriva veloce ed ecco la prima sorpresa: alla guida c’è una donna, buona sera, all’albergo, grazie.



Nonni, figli, nipoti puntuali l’indomani nella hall alle nove, meta del giorno l’EXPO che raggiungiamo utilizzando la metro che ci sorprende subito per efficienza: viaggia infatti per tutto il percorso senza conducente, arriva ogni tre minuti con puntualità svizzera, le stazioni sono moderne e bellissime, pulizia esemplare, aria condizionata gradevolissima che ci ripara dai 30 gradi che abbiamo trovato, compagne di viaggio: etnie da tutto il mondo.
Gabriele procura a tutta la brigata una tessera prepagata con la quale accederemo rapidamente e senza problemi ai tornelli d’ingresso; la linea è sopraelevata e ci consente durante il tragitto di avvicinamento ad EXPO di iniziare a prendere visivamente contatto con la città, i suoi grattacieli, la vastità del territorio, il deserto che di tanto in tanto si intravede.
Poco più di mezzora ed eccoci a DUBAI EXIBHITION CENTRE, maestoso, padiglione d’ingresso avveniristico; vien subito da fare il raffronto con quello di EXPO Milano, il “Divinus alitus terrae” che racchiudeva nei suoi cassetti la memoria del mondo; qui a Dubai prevale la spinta verso il futuro.
Transitiamo dallo “smart pass” senza problemi e ci sorprende il non vedere le code chilometriche in ingresso, il flusso dei visitatori, infatti, è assolutamente tranquillo e non capisco se ciò sia dovuto all’ampio ingresso, propendendo invece per un minor afflusso alla mostra a causa delle incertezze pandemiche e delle tensioni politiche.



I padiglioni però sono più numerosi rispetto all’edizione del 2015, ben 191 contro i 137 e si perdono in un’area espositiva amplissima di 438 ettari contro i 110 di Milano, iniziamo la visita con l’entusiasmo che sempre danno queste manifestazioni internazionali; c’è aria di festa e la giornata è caratterizzata dalla presenza di tante tantissime scolaresche festose, riconoscibili dai loro grembiulini e dalla presenza del maestro che li coordina e li pilota fra gli stand, sono bambini felici, sorridenti, fanno cori, cantano.



Inizia per noi una giornata stimolante quanto impegnativa, l’accortezza di Gabriele che ha prenotato ad orari precisi le visite ai padiglioni più affollati, e fra questi l’Italia, ci evita code sotto un sole che comincia a farsi sentire, transitiamo così in Usa, Emirati Arabi, Singapore, Francia, Namibia, Mauritius, Marocco, Arabia Saudita, Svizzera, Chile, Zimbabwe etc.. soffermandoci di più nei due padiglioni tematici: “Terra- the sustainability pavilion” e “Alif the Mobility pavillion”.



Il primo risveglia la coscienza dei visitatori mostrando il pesante impatto che i nostri sconsiderati comportamenti quotidiani hanno sull’ambiente. La struttura progettata da Grimshaw Architects, è imponente e il padiglione è concreto esempio di architettura sostenibile, ad impatto zero sia per consumo energetico che idrico, dotato di 1055 pannelli fotovoltaici disposti su una serie di "alberi energetici" che arrivano a generare 4GWh di energia alternativa all’anno; resterà dopo l’Expo come laboratorio scientifico per ispirare le generazioni future, ipotizzando già un riutilizzo anche delle acque grigie per ridurre del 75% l’uso delle risorse idriche.
L’“Alif the Mobility pavillion” è il padiglione della mobilità, composto da 7 piani, progetto dello studio britannico Foster + Partners, vuole dimostrare come la mobilità abbia guidato l’umanità da sempre e fino al mondo digitale interconnesso di oggi.
“ … Il padiglione della mobilità ha tre temi secondari: fisico, digitale e unificato… unirli ci ha permesso di realizzare un edificio triplo… Se spostiamo le persone verso l’alto attraverso l’hub centrale per raggiungere la cima dell’edificio, evitiamo che le persone “sprechino” energie per raggiungere la cima dell’edificio.” spiega l’architetto Gerard.



Padiglione entusiasmante che anticipa tecnologie futuristiche, dai veicoli senza conducenti, ai viaggi nello spazio, all’ e-commerce, alle connessioni fisiche e digitali dove beni ma anche idee verranno veicolati con velocità mai vista prima, sarà comunque una mobilità sostenibile; il progetto vede impegnate realtà italiane quali la Costa Crociere e la Maserati.
Entusiasma i nipoti questo padiglione, i nonni chiedono tregua, pausa pranzo e Tommaso e Riccardo individuano subito un punto ristoro palestinese che cuoce al momento gustoso pollo con cipolle e salse dentro pane arabo, approviamo.
Il sole è alto e i due giovani, a riprova delle affermazioni della nonna, ci trovano posto ad un tavolo dove le foglie di una palma concedono riparo dal sole, non solo, in coda stanno loro e quando ci portano i vassoi scopriamo che la scelta gastronomica è azzeccata, il piatto è squisito, ricco di verdure, spezie e lascia sazi e soddisfatti.



Si fatica ad interrompere la pausa ma Gabriele ci ricorda che alle 2,30 p.m. abbiamo ingresso al padiglione italiano, non manca molto, non è distantissimo ma bisogna sbrigarci. Eccolo lì il tricolore, il messaggio: “Beauty connects people”; c’è coda all’ingresso, è uno stand fra i più visitati, ma noi sgusciamo veloci grazie allo “smart pass”.
Il progetto è di Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria, ma ha anche coinvolto il migliore ingegno italiano nella sostenibilità nell’economia circolare, nell’architettura digitale.



Affiancano lo stand, situato in posizione strategica, lo Studio e l’Accademia funzionali per presentazioni, ricevimenti, incontri istituzionali, workshop e conferenze.
Il padiglione è stato realizzato seguendo il criterio dell’ ”architettura circolare” e per rendere sostenibile il progetto le facciate sono state realizzate con milioni di bottiglie di plastica riciclate, che danno vita a lunghe corde che come una pelle naturale climatizzano l’interno; tre scafi, arrivati a Dubai, evocatrici anche dei rapporti via mare dei due popoli, formano la cupola e finita l’esposizione torneranno alla loro originale funzione.
“La bellezza che unisce le persone” è nei video che scorrono lungo le pareti e che mostrano la straordinaria bellezza del nostro paese: le peculiarità delle regioni, i paesaggi mozzafiato raccontati da Gabriele Salvatores che incantano i visitatori.
Ma la vera attrazione, pubblicizzata dagli schermi lungo tutta l’arteria principale di Dubai, è la riproduzione tridimensionale del David di Michelangelo, realizzato con oltre 40 ore di scansione digitale con una delle più grandi stampanti 3D del mondo, usando filamenti di plastica riciclata, resine e polvere di marmo.
Posizionato su tre piani ha consentito di non esporre la nudità, rispettando così le richieste delle autorità locali; le parti anatomiche da celare han finito col trovarsi al livello delle solette divisorie dei piani, i visitatori, sporgendosi, possono vedere solo sino al torso.
Italia promossa di sicuro perché nel padiglione si è respirato aria di cultura, contemporaneità, innovazione, bellezza, usciamo soddisfatti sull’ampio spazio antistante.



Breve pausa poi scorribandiamo fra padiglioni di vari paesi coccolati da quelli africani o paesi minuscoli dove sono più cordiali, vogliono dialogare propongono souvenir.



Sul percorso gli “States” dove mi sorprende la presenza di un razzo vettore che mai avevo visto prima; la sua imponenza spaventa e mi fa pensare alla guerra più che a pacifiche missioni nello spazio.



La Svizzera ci accoglie festosa con “Reflection”, rossa facciata a specchio che riflette la vita attorno, fuori ci offre ombrelli per ripararci dagli oltre 30 gradi del pomeriggio; il padiglione è vivace, attira visitatori con quel tappeto rosso esterno di ben 700 mq2 dove spicca la bandiera della confederazione; tutti vogliono scattar foto, le hostess acconsentono purché non si calpesti la bandiera.

QuickTime - 3.5 Mb
Padiglione Svizzera

Finalmente siamo all’interno e …ci sentiamo persi, sorpresi storditi.
Succede, succede, infatti, che lasciato il caldo fuori ci ritroviamo improvvisamente nelle fredde valli svizzere, minacciati da tuoni in lontananza sui monti, avvolti da una fitta nebbia, il tutto è davvero incredibile, ma assolutamente reale, i visitatori sono increduli, ci si perderebbe per davvero se il percorso non avesse segnalazioni luminose al suolo, l’effetto è pazzesco, bravi, per aver portato nel deserto una realtà climatica diversa e … un po’ di fresco.



Dalle nebbie alpine però, divertendoci, si emerge sbucando da sotto con la testa, in un accattivante ambiente urbano innovativo e sostenibile.
La Svizzera parla però anche di spazio con una start-up del Politecnico Federale di Losanna che punta, in economia, a rimuovere le migliaia di detriti persi nello spazio; padiglione tra i più visitati insieme ad Italia ed Emirati Arabi.



Ritorniamo al caldo esterno e i nonni di sicuro avvertono che le energie stanno calando, ma c’è molto ancora da curiosare e il fascino esterno degli stand ci spinge a percorrere i viali per apprezzare sfide, progetti visionari di architetti da tutto il mondo. Intanto inizia a scendere il buio, i padiglioni si illuminano e tutta EXPO mostra un altro affascinante volto, temporeggiamo, fatichiamo ad uscire, ci sarebbe da ritornare almeno altre tre volte ma è impossibile, la rassegna internazionale termina poi a fine mese.
In metrò Silvia concede a noi di andare direttamente in albergo, loro tirano dritto per il Burj Khalifa, loro giovani passeranno lì la serata.
Disteso sul letto ripenso al tema generale di Expo Dubai: “Connettere le menti, generare il futuro”.
Le menti presenti erano connesse tutte per un futuro di pace, non così altrove.



I proponimenti di tutti i paesi rivolti alla sostenibilità, alla salvaguardia del pianeta, ad economie sostenibili, gli stessi temi di sette anni fa a Expo Milano, ma la cui concreta, soprattutto evidente, visiva realizzazione, ancora fatica a concretizzarsi.
Expo vetrine di buone intenzioni in “fieri”? Accontentiamoci intanto delle buone intenzioni.
Mi addormento esausto sfogliando orgoglioso il passaporto di Expo che Tommaso e Riccardo avevano adocchiato e acquistato anche per i nonni.



Gabriele per l’indomani ha pronto questo itinerario: loro giovani mattinata in spiaggia e bagno, noi al Mall of Dubai che è vicinissimo all’albergo, pomeriggio insieme a Dubai Marina, At the view palm e la sera feast restaurant.
Vi racconterò.

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Chiusa in casa

Chiusa in casa
mia madre
tagliava e cuciva camicie:
le cose imparate nel giovane sogno
divennero pane, formaggio ed alici.
Mio padre era morto da un anno.
Noi tre portavamo più avanti
una guerra finita.


Vito Maida (poeta soveratese, 1946/2004) 
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